Villa Pamphili: il corpo della donna non mostra tracce di droghe comuni. Confermato il legame madre-figlia. Si cerca il killer della neonata
Il velo di mistero che avvolge l’orrore di Villa Pamphili si fa sempre più denso, ma le prime risposte, agghiaccianti, iniziano a emergere. La donna trovata morta a pochi metri dalla sua neonata non usava droghe comuni, un dettaglio che smentisce le prime ipotesi e infittisce il giallo.

E ora, in un cestino del parco, un innocente vestitino rosa diventa la chiave di volta, l’unica speranza per trovare tracce del killer che ha spezzato due vite. Il corpicino nudo riverso a terra, straziante, il vestitino rosa, macchiato di un’innocenza violata, gettato in un cestino come un rifiuto. A meno di un metro, i resti di una tenda accartocciata e del cibo ancora commestibile. Poco più avanti, un braciere artigianale, fatto di sassi.
Elementi che gridano una sola verità: nel punto di Villa Pamphili dove sabato è stato trovato il cadavere della bimba di circa otto mesi, a pochi metri da quello della madre, viveva qualcuno. Forse le stesse vittime, in compagnia di una terza persona. Un accampamento di fortuna, trasformato in una scena del crimine.
Intanto, dall’autopsia, arrivano le prime, dure certezze: le due sono madre e figlia, un legame biologico confermato dal DNA. E la donna è risultata negativa ai primi esami tossicologici, quelli relativi alle droghe più comuni. Un dato che scuote le fondamenta dell’ipotesi iniziale di overdose, avanzata in assenza di segni di violenza sul corpo della 30enne.
L’autopsia, svolta al Policlinico Gemelli, ha escluso anche importanti malformazioni agli organi che possano aver causato la morte. Ora, gli esperti attendono altri esami per capire se a stroncare la vita della donna possa essere stata un’ischemia o altre patologie. Ma il mistero si infittisce: se non è stata la droga, né una causa naturale evidente, cosa ha ucciso la madre?
Il vestitino rosa, il sacco a pelo e l’ombra del killer
Gli agenti della Scientifica, instancabili, hanno sequestrato diversi oggetti nei pressi del cadavere della piccola. Saranno analizzati, ogni fibra, ogni traccia genetica, nella speranza di risalire a chi abbia ucciso la bambina (e se si tratti del padre) e occultato il corpo della madre, ritrovato a circa 150 metri di distanza.

La 30enne, dettaglio non da poco, era molto curata: smalto sulle unghie, capelli in ordine, depilata (forse con il costoso laser). Vicino al suo corpo, nudo, un sacco a pelo pulito e un reggiseno. Elementi che escludono l’ipotesi di una donna che vivesse in strada da molto tempo. Gli indizi raccolti dalla Squadra mobile e dallo SCO, coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Cascini e dal sostituto procuratore Antonio Verdi, fanno pensare che tutta la tragedia si sia consumata all’interno dell’area verde.
Qui, gli investigatori hanno ritrovato anche il vestitino rosa della piccola, senza macchie, gettato in uno dei tanti cestini del parco. L’ipotesi che prende piede è agghiacciante: la 30enne potrebbe essere morta per cause naturali (tra i quattro e i sette giorni prima di sabato) proprio nel punto in cui è stata ritrovata la tenda.
Qualcuno avrebbe poi spostato il suo corpo di circa 150 metri, nascondendolo sotto a un telone nero di plastica, forse preso da un cantiere vicino. La bimba sarebbe rimasta con questa persona che, tra giovedì e venerdì, l’avrebbe uccisa, soffocandola dopo averla picchiata.
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Le indagini proseguono su un doppio binario: l’identificazione delle vittime e quella dell’uomo che era con loro. La ricerca di un nome tramite impronte digitali non ha dato risultati dalle banche dati nazionali, suggerendo che la donna potrebbe essere arrivata in Italia da poco e non essere mai stata fermata dalle forze dell’ordine. Si attende ora la risposta delle banche dati estere. Stesso procedimento verrà effettuato con il DNA.